RECENSIONI

Qui di seguito, i visitatori del blog troveranno recensioni di dischi, libri, film e quant’altro abbia come comune denominatore la musica e la cultura afroamericana, con un ovvio rimando al nostro Paese ed agli autori ad essa collegati. Queste recensioni non conterranno termini musicologici ne altro che riguardi la teoria musicale in senso stretto: si è voluto, solamente, fornire una guida all’ascolto attraverso emozioni ed aneddoti del redattore.

"Cadillac Records": così nacque la musica che cambiò il Mondo!

Titolo: Cadillac Records
Autori colonna sonora: Aa.Vv.

Protagonisti film: Adrien Brody, Jeffrey Wright, Beyoncé Knowles, Mos Def
Produttori film: TriStar Pictures, Sony Music Film, Parkwood Pictures
Regia film: Darnell Martin
Produttori colonna sonora: Music World, Columbia, Sony Music

Anno: 2008


Una storia completamente vera, con nomi e riferimenti assolutamente reali. Dal primo all'ultimo minuto, Cadillac Records narra la storia della Chess Records di Leonard Chess (interpretato da Adrien Brody), la prima casa discografica urban blues che, con McKinley "Muddy Waters" Morganfield (interpretato da Jeffrey Wright) e la sua I can't be satisfied, aprì la strada ad una musica diversa... la musica che tutti noi ascoltiamo oggi!

Sì, perchè attraverso le immagini di questa pellicola (magistralmente diretta dalla bravissima Darnell Martin) scoprirete come e perchè sono nati i Rolling Stones e, soprattutto, che il primo rocker della storia non fu Bill Haley (un bianco) ma... un giovane di colore!

Meglio non svelare ulteriori particolari riguardo al film. Spendiamo solo qualche parola per la colonna sonora.

Se escludiamo il bellissimo brano Last night interpretato dal grande armonicista Little Walter in versione originale (nel film interpretato da Columbus Short), tutte gli altri brani che compongono la colonna sonora (ben 13 pezzi), sono cover eseguite da eccellenti musicisti come il rapper Mos Def (che, nel film, interpreta Chuck Berry), Jeffrey Wright e la bravissima non che bellissima Beyoncé (che, nella pellicola, interpreta la grande Etta James cantante che, tra le altre cose, non ha mai espresso grande simpatia per il talento canoro della ex-Destiny's Child).

Film consigliatissimo, quindi, per tutti gli appassionati di musica ma... non solo! Anche per gli esperti di storia della musica c'è pane per i loro denti!

E, soprattutto, per chi non conoscesse questo genere di musica... un piccolo messaggio riportato da un grande esperto di musica, produttore discografico e musicista:

"C'è una ragione se ancora oggi i musicisti rock, dai Rolling Stones a Jack White, amavano il blues e continuano a trarne ispirazione. E' l'inizio di tutto, il dizionario. Molti giovani che suonano il rock, il rap, il r&b o la soul non si rendono neanche conto che il loro suono e i loro concerti sono stati influenzati dal blues".
                                                                                                                         Roger Stolle
Blackjack.






"Jazz classics": un album praticamente perfetto...


Titolo: Jazz classics
Autore: Aa.Vv.
Genere: Classic jazz
Anno: 1994
Etichetta discografica/distributrice: P&C - Tabak Marketing ltd.



Quando si è ragazzini, si ha quella bellissima abitudine di chiedere ai genitori di comperarti qualsiasi cosa tu veda in una vetrina. Quel che vidi io, all'età di 10 anni, fu qualcosa di più che una cosa qualsiasi: ero solo, con poche lire (eh già! Quanti ricordi...) in tasca, in una cartoleria. Nel reparto biglietti d'auguri, per qualcosa come 5.000 lire, ne notai uno molto colorato: quadrato, spesso e... con sopra raffigurato Charlie Parker! Lo presi subito. Al mio rientro a casa, aprendolo, scoprii con mia grande sorpresa che conteneva un cd... lo stesso che ora vedete in foto. Lo misi nell'allora lettore del soggiorno e... approfondii, per la mia prima volta, quei generi musicali che, grazie a mia nonna materna, imparai ad amare fin da piccolo: il jazz ed il blues.


I brani contenuti in questa collection, a mio parere, ripercorrono le tappe fondamentali dei primi 60 anni di storia del genere sopra-citato, senza ricorrere all'inserimento di brani commercialmente famosi degli autori. Ricordo che, questo album, è molto difficile da trovare nei negozi ma, se cercate nei vari store telematici, potrete trovare i brani singolarmente. Vediamo di presentarli per autore:


My man e Lover man (Billie Holiday): Eleanora Fagan è, sicuramente, una di quelle cantanti che, ad un primo ascolto, ti fanno gelare il sangue nelle vene. La voce triste ma brillante, la sua storia personale allucinante  fatta di molti episodi sgradevoli e di momenti gioiosi che hanno dato un notevole contribuito alla storia della musica contemporanea (si dice sia stata lei ad incoraggiare un certo Francis Albert Sinatra ad inizare a cantare...). Questi due brani non reggono, certamente, il confronto con Strange fruit oppure The man I love (veri e propri brani rappresentativi della cantante) ma definiscono bene il ruolo che l'amore ha avuto nella vita personale della Holiday: spero capiate bene l'inglese (lei ha un parlato molto comprensibile) perchè potreste innamorarvi...


Out of nowhereScrapple the apple e Don't blame me (Miles Davis e Charlie Parker): i seguenti brani li potete trovare all'interno della raccolta Ballads di Charlie Parker edita dalla Dreyfus Jazz -Sony Music France-. Incisi tra il 1947 ed il 1952, questi brani racchiudono in sé tutto il romanticismo di quel sotto-genere sopra le righe che è il be-bop: eseguiti in quintetto (da sottolineare, in Don't blame me, la presenza del contrabbasso di Charles Mingus, uno dei padri del free jazz), questa potremmo definirla la più bella scelta di chi ha composto la compilation. Domanda per voi: Out of nowhere, ad un ascolto attento, può ricordare l'inizio di un famoso lungometraggio animato della Disney: quale, secondo voi?


Ease it e Cannon's blues (Cannonball Adderley): Julian Adderley, insieme a Charlie Parker e Bean (soprannome che venne, simpaticamente, dato a Coleman Hawkins) compongono il trittico dei sassofonisti che adoro: tipico jazz anni '50, Adderley divenne famoso per aver ospitato, in una sua celebre formazione, il pianista e compositore austriaco Josef Zawinul che, qualche decennio più tardi, fondò la band fusion più famosa della storia: i Weather Report.


Questi i musicisti che compaiono più di una volta all'interno di questa compilation. Conosciamo, adesso, quelli che compaiono con un solo brano:


Sunny side of the street (Louis Armstrong)Satchmo (o Pops, che dir si voglia), il Re del Jazz, in uno dei brani che più rappresentano il suo stile ed il suo carattere. La voce roca accostata al suono della sua tromba -qui al massimo della sua espressione- portano l'ascoltatore ad esplorare quella New Orleans che tanto viene descritta (dopo l'uragano Katrina) come una città difficile, odori sgradevoli per la strada, ma... luogo storico per un genere che ha fatto storia. 


Three hearts in a tangle (Dizzy Gillespie): John Birks Gillespie, il massimo rappresentante del be-bop non solo per il suono ma, soprattutto, per gli atteggiamenti ed il modo di vestire, qui presenta quella che, per me, è la perla di quest'album. Suono romantico e seducente, mi riporta alla mente i primi cortometraggi Disney (cartoni animati con i quali sono cresciuto e grazie ai quali ho iniziato ad approcciarmi al jazz) rilassandomi completamente... lasciandomi quasi in estasi.


Basin Street blues (Louis Armstrong e Ella Fitzgerald): Re e Regina insieme per una descrizione della via principale di New Orleans, costeggiante il Mississippi, che dipinge perfettamente la New Orleans degli anni d'oro. Non è Summertime, su questo siamo d'accordo, ma anche questo brano sa dare emozioni indelebili.


Love me or leave me (Lena Horne): brano riproposto dalle più grandi interpreti di questo genere, nella voce di Lena Horne assume un significato ancora più marcato. Al contrario della Holiday, della Fitzgerald o della Vaughan, la Horne ha una voce più limpida che dà una sonorità quasi moderna a questo brano che, a mio avviso, contiene una delle rime più belle che abbia mai ascoltato: "Love me or leave me or let me be lonely...". Lo so, sembra una cavolata ma, ogni volta che ascolto questa frase ho i brividi.


Riff raff (Charlie Parker): se non siete abituati ad ascoltare questo sotto-genere di jazz, il be-bop, questo brano è, sicuramente, l'ascolto più difficile di tutta la compilation. I musicisti, quasi in preda a convulsioni, eseguono suoni senza un apparente schema dando quel tocco di mistero al brano che potrebbe somigliare, ad un primo ascolto, ad un tipico macello da sala prove. Provare per credere!


Everything goes (Duke Ellington): Edward Kennedy Ellington, si legge dalla sua biografia, fu uno dei primi musicisti a mescolare il jazz con la musica classica. Questo brano è, prettamente, orchestrale e ripete, come in un blues lo stesso motivo ma... lo stile del mitico pianista di Take the "A" train è inconfondibile.


Lover come back to me (Ella Fitzgerald): ad un primo ascolto, questo brano porta l'ascoltatore al centro della Broadway newyorkese in pieno periodo d'attività (esatto, avete letto bene: ho volutamente sottolineato newyorkese perchè di quartieri denominati Broadway ne sono pieni gli Stati Uniti): le luci, i suoni, il cielo serale limpido. Un brano per scatenarsi e ballare immaginando i giovani degli anni '40-'50 americani nelle stesse condizioni.


Blue juice (Charlie Barnet): avete mai sentito parlare di Philip Marlowe? L'investigatore privato, nato dalla penna di Raymond Chandler ed, al cinema, impersonato da Humphrey Bogart? Ecco, questo brano vi riporta a quel periodo: un'ideale colonna sonora per un poliziesco d'annata. Non è, sicuramente, il brano di punta di Barnet. Il pianista e direttore d'orchestra, infatti, compose la famosa Skyliner che, parecchi anni più tardi, venne portata al successo, in versione cantata, dai Manhattan Transfer.


Spero che, questa recensione, sia stata di vostro gradimento. Attendete fiduciosi: presto ne arriveranno altre.


Blackjack.

"Heavy weather": la consacrazione di un "dio in quattro corde".

Titolo: Heavy weather
Autore: Weather Report (Joe Zawinul -piano, keys-, Alex Acuna -drums-, Jaco Pastorius -bass-, Wayne Shorter -soprano/tenor saxophone-, Manolo Badrena -percussions-)

Genere: Jazz/Fusion
Anno: 1977
Etichetta discografica/distributrore: Columbia/Sony Music Entertainment Inc./Legacy


Vi siete mai chiesti come un solo album possa entrare nel mito, anzi… nella leggenda? In questa recensione potrete, parzialmente, trovare una risposta. Prima di passare alla descrizione dell’album, però, bisogna compiere un doveroso passo indietro.

Miami, Gusman Theatre, 1975. Siamo a un angolo di strada, nel retro del teatro. Un signore magro, sulla quarantina, baffo folto e capelli non molto lunghi si fuma una sigaretta in santa pace appena terminato il consueto soundcheck pre-concerto. Assorto nei suoi pensieri, a un certo punto vede avvicinarsi un ragazzo poco più che ventenne, capelli lunghi e tenuta da pallacanestro. Vestito da matto affermerà in seguito. La loro conversazione (come riportato dal giornalista della nota rivista musicale americana Down Beat, Bill Milkowski, che scrisse la biografia di questo ragazzo) si svolse, approssimativamente, in questo modo:

-        Tu sei Joe Zawinul, giusto? Seguo la tua musica dai tempi di Cannonball Adderley  
          e mi piace molto.
-        Che cosa vuoi?
-        Mi chiamo John Francis Pastorius III e sono il più grande bassista del mondo.
-        Togliti dai piedi, stronzo!

Ad un anno di distanza da quello strampalato incontro, Jaco Pastorius (questo il nome di quel ragazzo come lo conosciamo oggi) entrò di diritto nella scena fusion partecipando a due brani (di cui uno, Barbary Coast, di sua composizione e l’altro, Cannonball, dedica di Joe Zawinul al suo ex band leader Julian “Cannonball” Adderley) dell’album Black market (la title track dell’album, eseguita come le altre da Alfonso Johnson, divenne ben presto famosa in Italia perché sigla di un celebre radio giornale). La band di cui stiamo parlando è, senza dubbio, quella dei Weather Report la formazione jazz/fusion più famosa al mondo.

L’anno successivo (e qui veniamo alla nostra recensione), Pastorius -da molti, musicisti e non, definito Dio in quattro corde, in quanto rivoluzionò il suono del basso elettrico elevandolo a strumento solista- entrò di diritto a far parte della band con cui incise altri sei album e di cui due live (8:30 ed Havana jam I&II). Infine, nel 1977, l’album Heavy Weather lo trasformerà nella vera e propria leggenda che gli appassionati ammirano da decenni. Di seguito, troverete la descrizione dei brani che compongono questo progetto.

-     Birdland: il brano d’apertura, con quelle sette note eseguite a tastiera e ripetute tre volte, è una chiara dedica al locale newyorkese, aperto nella 52esima strada nel 1949, in omaggio al genio del sassofonista be-bop Charlie “Bird” Parker. Dieci anni più tardi, nel nostro Paese, una nota pubblicità di un amaro consacrò il mito della Milano da bere avendo, come sottofondo, questo brano composto ed eseguito dal principale produttore dell’album, Joe Zawinul. Le riproposizioni più celebri di questo brano sono, certamente, quella dei Manhattan Transfer (quartetto jazz vocale che ne mise, per la prima volta, le parole) e quella del trombettista Maynard Ferguson. Una piccola curiosità: all’inizio del brano, sembra una chitarra quella che esegue i primi riff. Ascoltate attentamente: è Pastorius che, al basso, compie una delle sue magie…
-     A remark you made: il brano seguente, composto dal sassofonista Wayne Shorter, è un lento al quale, nel 2000 all’interno del suo album Tomorrow today, il cantante americano Al Jarreau mise le parole trasformandola in Something that you said sostituendo con la voce sia il sassofono di Shorter che il basso di Pastorius, strumenti che la fanno da padrone per quasi tutto il brano.
-     Teen town: facendo ricerche ed intervistando numerosi bassisti, è risultato che questo brano è stato uno dei più riproposti nelle jam session jazz del nostro Paese. Un inseguimento, una corsa contro il tempo dove tastiere e basso suonano all’unisono accompagnati da un ritmo di batteria sempre stabile (scopriremo, dal liberetto del cd, che non è, in questo caso, Acuna a suonare, ma Pastorius in una sovra incisione) contorniato da piccole pennellate di sassofono e dalle percussioni di Badrena a coronare il tutto. Nel 1993, il bassista elettrico Marcus Miller nel suo album The Sun don’t lie, propone una versione di questo brano molto funkeggiante sfoggiando la sua incredibile tecnica slap.
-     Harlequin: personalmente, imparai a comprendere il significato del genere jazz/fusion proprio grazie a questo brano. Qui distinguiamo, chiaramente, l’utilizzo delle tastiere multi effetto di Zawinul che passa da un effetto pungente a quello più classico del pianoforte miscelandoli sapientemente. Il tappeto è dato da una soffice batteria di Acuna e dal basso di Pastorius che gioca senza esibirsi in volteggi esagerati. Come di consueto, pennellate di Shorter a coronamento del tutto.
-    Rumba mamà (live): una registrazione dal vivo (non sono riuscito, purtroppo, a trovare informazioni riguardo l’origine di questa performance) di questo gioco tra Acuna e Badrena. Brano di breve durata ma… molto intenso!
-     Palladium: brano composto da Shorter, probabilmente dedicato all’omonima ex sala concerti newyorkese, poi divenuto nightclub. Partenza folgorante con tutti gli strumenti all’unisono poi, mano a mano, l’entrata di tutti gli altri. In questo caso, Shorter è presente in misura sempre maggiore e, tra le percussioni di Badrena e il magico tappeto di Acuna particolarmente ispirato, troviamo le pennellate di Zawinul a cedere il passo ad un Pastorius lucido e vispo che danza sulle note saltellando come sui tappeti elastici di un luna park. Non mi credete? Ascoltare per credere!
-     The juggler: L’imbroglione o, se preferite -dato che, nello stesso album, troviamo un brano dedicato ad Arlecchino, il giocoliere. Come la prima traccia dell’album, anche questa è stata composta da Joe Zawinul: un tripudio di tastiere, una batteria che, a tratti, ricorda il ritmo di una marcetta. Un brano che, più in generale, ricorda Harlequin. Che i due brani siano, in qualche modo, legati?
-     Havona: Ultima, bellissima, perla dell’album. Composta da Pastorius vede presentarsi lo stesso, identico, schema di Teen town: tappeto di batteria (questa volta di Acuna), tastiera effettata ed un incredibile performance bassistica. Da far accapponare la pelle. Personalmente, la traccia che preferisco dell’album.

Spero che questa lunga ma semplice recensione vi abbia soddisfatto. Un’ultima, utile, informazione: nel 2003 è stato fatto omaggio alla musica di Jaco Pastorius (prematuramente scomparso nel 1987) con un album intitolato Jaco Pastorius Big Band - Word of mouth revisited dove, accanto a musicisti storici che hanno accompagnato Jaco nella sua vita travagliata -un veloce sguardo alla pagina italiana di Wikipedia non guasterebbe a voi che leggete-, troviamo bassisti che lo hanno venerato e che ne hanno riproposto la sua musica in numerosi live durante la loro carriera. Tratte dall’album appena recensito (la cui copertina, progettata da Lou Beach, è un chiaro omaggio a Pastorius, con i suoi capelli lunghi nascosti da un Borsalino fedora che sovrastano la città di New York con -sullo sfondo- tutte le condizioni atmosferiche possibili) troverete le versioni di Teen town e Havona, rispettivamente eseguite da Victor LaMonte Wooten e Jimmy Haslip.